Ed eccoli qui riuniti i giovani inquieti di questi esaltanti anni, i protagonisti del movimento capesarino, artisti trevigiani che sfidarono coraggiosamente la produzione locale in opposizione alle esposizioni ufficiali della Biennale di Venezia. Dagli scultori Guido Cacciapuoti e Ottone Zorlini ai pittori Aldo Voltolin (Pagliai al sole) e Nino Springolo (Canale in laguna).
Tra i più importanti pittori veneziani della prima metà del ‘900 incontriamo Gino Rossi, il più grande post-impressionista italiano, con la storia della sua intensa, se pur breve, parabola artistica.
Insieme al grande amico Arturo Martini, Rossi intraprese la battaglia per il rinnovamento dell’arte veneta, partecipando alle mostre di Ca’ Pesaro, alla Secessione di Roma del 1914 e alla Mostra d’arte trevigiana del 1915. La permanenza in Bretagna lo avvicinerà al linguaggio dei pittori sintetisti francesi, tra cui Paul Gauguin e Paul Sérusier, presentandosi in Italia come interprete di una visione moderna, in aperta contrapposizione con l’estetica decadente di molti suoi contemporanei.
Lo sguardo potente dei suoi ritratti e la sublimazione dei colori dei suoi paesaggi diventano per lui strumenti di emancipazione dall’accademismo, per il recupero di una dimensione onirica e quasi arcaica che coinvolge e conquista totalmente; i bellissimi Primavera in Bretagna e Paesaggio asolano sono esempi della forza ipnotica della sua personalissima e suggestiva visione.
In fondo alla sala il gesso originale della Fanciulla piena d’amore, col suo audace erotismo, è una presenza potente che ci scuote. La scultura presentata nel 1913 nell’esemplare in maiolica dorata alla veneziana Mostra di Ca’ Pesaro (che si contrapponeva alla Biennale ai Giardini) creò grande scandalo, divenendo immagine iconica del “movimento di Ca’ Pesaro”, nella sua sintesi tra le “teste africane” di Modigliani e la Giuditta II di Klimt a lui ben nota.
Tra le tante anime sublimi di questo straordinario viaggio, in un piccolo ma significativo spazio, incontriamo anche colui che oggi è ritenuto un precursore del Surrealismo, l’opitergino Alberto Martini, artista dotato di una fantasia grottesca e senza freni, dalla spiccata e a volte incompresa visionarietà, che si aggira come “un’anima dannata” tra i giovani dell’avanguardia locale, incarnando forse l’unico artista simbolista qui presente con la serie degli otto pastelli Fantasie del sole, di cui solo sette pervenuti in museo, e l’Autoritratto interiore.