Esaltate dalla chiara luce del chiostro attorno al quale si sviluppano le sale al primo piano, le opere qui raccolte ci svelano le origini del talento di uno dei maggiori scultori del XX secolo, Arturo Martini, ripercorrendo ampiamente la sua fase giovanile fino alla prima maturità.
Comincia il viaggio in un racconto a tre dimensioni, quelle della materia pulsante che prende vita tra le sue mani e da cui nascono capolavori espressione diretta e lucida del suo genio creativo.
Ripercorriamo gli anni dell’apprendistato, segnati dall’influsso di maestri come Giorgio Martini (padre del già celebre Alberto) e Antonio Carlini, dal quale impara le tecniche della formatura; esempio di questa esperienza è il sorprendente Ritratto di Fanny Martini.
Entriamo così nella stagione più prolifica del grande scultore trevigiano.
Di lì a poco infatti si terranno le prime mostre a Treviso e a Venezia, dove Martini ha l’occasione di proporre le sue opere e ottiene i primi riconoscimenti (Equilibrio/contrabbassista, Libero pensatore). E poi lo seguiamo nei suoi viaggi di stimolo per confrontarsi con i nuovi orizzonti e i nuovi linguaggi internazionali: la lunga permanenza a Monaco di Baviera e l’influenza di Parigi, città ricchissime di stimoli artistici, mostrano i loro frutti nella produzione degli anni a ridosso e durante la prima guerra mondiale, caratterizzati dall’impiego di ogni forma espressiva. Alle sculture, con opere in gesso e in cemento come Maternità e Allegorie del mare e della terra, si affianca l'importante esperienza grafica e quella ceramica, per la quale appunto collabora con la fornace Gregorj, trovando nel proprietario un mecenate e un sostenitore che lo guida nella sperimentazione tecnica, segnando profondamente la sensibilità dello scultore che in quella materia trova la pienezza plastica e interpretativa che culminerà, negli anni della maturità, in opere vigorose e potenti.