Il filo rosso del percorso è di nuovo Arturo Martini che, con la sua poetica e capacità di sperimentazione, ispira e sollecita da lontano lo stesso ambiente artistico trevigiano abbandonato alla fine degli anni Dieci. Fra questi Carlo Conte, artista presente nelle collezioni civiche con una vasta antologia di 189 sculture, provenienti in particolare dal generoso lascito delle famiglie Varlonga e Morgan, di cui numerosi gessi che hanno permesso di ricostruirne l'intero percorso.
L’ultima sala dell’esposizione accoglie le produzioni grafiche della "scuola" di incisione trevigiana, che conobbe nel corso del Novecento sperimentazioni e tecniche diverse, prima di attestarsi sulla produzione di acqueforti: dalle artigianali intense cheramografie di Arturo Martini nel secondo decennio del secolo, ai linoleum dello stesso Martini e di altri, alle xilografie praticate con rara potenza espressiva da Gino Pinelli, e ancora da Giuseppe Mazzotti, Arturo Malossi, Lino Bianchi Barriviera e Giovanni Barbisan.
Uscendo dalle sale e raggiungendo il chiostro, ancora una volta protagonista assoluto è Arturo Martini con le sue Allegorie del mare e della terra, ma soprattutto con quello che è opera iconica e ormai emblema stesso del Museo, l'Adamo ed Eva, opera acquisita con pubblica sottoscrizione nel 1993; una targa ricorda infatti i nomi dei 500 privati che hanno contribuito a riportarla a “casa”.
Opera monumentale, alta più di tre metri, rappresenta la prima famiglia proiettata verso un futuro positivo e di speranza, oggi simbolo identitario del Museo Bailo, che suggerisce fin da subito l'idea di un museo "invitante" e in dialogo con la città che orgogliosamente la ospita.